foto di Claudio Fossati

Giangilberto Monti
GUARDIE E LADRI

LP CBS, 1982

ideazione e testi Giangilberto Monti
musiche Flavio Premoli
produzione artistica e arrangiamenti Roberto Colombo

con Alberto Camerini, Roberto Colombo, Francesco Di Giacomo, Bernardo Lanzetti, Anna Oxa e Flavio Premoli

di Giangilberto Monti

Il racconto musicale Guardie e Ladri, per cui scrissi i testi e l’idea stessa dell’album, fu una vera follia per quegli anni, ma anche il disco che vendette più di tutti, nella mia carriera di cantautore. Era una favola pacifista ambientata nelle gallerie del metrò, dopo la fine del mondo: s’immaginava che i superstiti si rincorressero sottoterra, giocando appunto a Guardie e Ladri e sognando di arrivare prima o poi all’aria pura, ma solo i fortunati che avrebbero vinto la Grande Estrazione, una lotteria governata dal computer centrale, sarebbero riusciti a raggiungere la superficie del pianeta. Per tutti gli altri, il tempo passava ad ascoltare la Voce della Radio o quella di Gino il Cantante, nelle noiose giornate di un’umanità annichilita dall’ombra e dal silenzio.

Era un dopo-bomba, figlio di molti libri e film di fantascienza, ma anche il tentativo di una ricerca musicale che contaminasse ballate rock, dance-music e pop elettronico, applicate a una scrittura da musical. Voleva essere un disco all’avanguardia che ironizzasse anche sul linguaggio della Milano da bere, lo stesso che nei primi anni Ottanta si stava affacciando sui media: “unico cibo i panini, unico gioco il flipper elettronico” E voleva anche essere uno show multimediale – disco, spettacolo, fumetto – che fu realizzato solo in parte, ma che allora colpì parecchio la stampa specializzata, mentre le radio trasmisero molto il brano interpretato dalla voce di Anna Oxa, una delle star degli artisti ospiti. Ma facciamo un passo indietro…

Al termine di una lunga torunèe teatrale nella compagnia di Dario Fo e Franca Rame, nell’82 mi ero iscritto a un corso di specializzazione in canto da musical. Lo conduceva Cathy Berberian, a Montalcino, dove avevo imparato nuove tecniche vocali e soprattutto studiato più seriamente la tecnica di scrittura ritmica dei songwriters anglosassoni. Nel frattempo iniziavo a scrivere i primi testi dell’album, che ho poi sottoposto allo staff della CBS. L’idea di proporre un album concept si scontrava allora con il fatto che le mie conoscenze musicali non erano sufficienti, ne sarebbe uscito un ennesimo album “da cantautore con la chitarra”. Così mi presentarono Flavio Premoli, che allora usciva da una profonda crisi personale che lo aveva convinto ad allontanarsi dalla PFM. Peraltro, sempre in quel periodo, il mio produttore artistico era Roberto Colombo, che non aveva conservato buoni rapporti con Premoli, dopo la loro collaborazione nei live di Fabrizio De Andrè.

In ogni caso andai a casa di Premoli, a Varese. Lui si entusiasmò all’idea di scrivere un album intero, la CBS peraltro gli garantiva un supporto promozionale ed economico sicuro e in buona sostanza, gli avrebbe permesso – almeno secondo i suoi piani – di proseguire verso una propria carriera solista. L’accordo fu che avremmo diviso equamente i diritti sull’autorato di musica e parole, andando contro le consuetudini SIAE di allora – 70% al compositore e 30% al cosiddetto paroliere – poichè Premoli accettò il fatto che l’idea testuale era senz’altro originale rispetto al mercato italiano. Lavorare con Flavio fu per me un’esperienza unica: al di là della sua evidente abilità pianistica, Premoli componeva direttamente sui testi, esattamente come nei musical d’oltremanica. Contemporaneamente m’insegnò la tecnica classica del paroliere – scrivere sulla ritmica musicale – poichè sosteneva che avrei dovuto impararla comunque, per riuscire a comprendere e limare certi passaggi musicali. Insomma, fu una sorta di scuola autorale a tutti gli effetti. Per contro, Flavio aveva un carattere poco duttile e stava faticosamente uscendo da un momento umano difficile.

Ovviamente Roberto Colombo rimaneva pur sempre il direttore artistico e l’unico incontro pre-produzione tra i due, me presente, non fu proprio una passeggiata. Alla fine si trovò un accordo sulle modalità di lavoro, che portò alla stesura di dieci brani, con una lunga suite che diventò l’introduzione musicale dell’intero racconto. Dai provini pianistici di Flavio Premoli, con la sua voce che interpretava le linee melodiche, nel luglio dell’82 – l’estate del Mundial, per intenderci – si passò alle registrazioni nello studio Symphony di Milano, diretto da Franco Santamaria.

Colombo convocò il meglio sulla piazza: Flaviano Cuffari (batteria), Massimo Luca (chitarra), Hugo Heredia (sax solo), Luis Agudo (percussioni), Johnny Capriuolo, Pierluigi Mucciolo, Giorgio Baiocco (sezione fiati). Per lui si tenne l’intera sezione elettronica, dalle tastiere Roland, Yamaha, Casio e Korg al polymoog e al drum computer, che si sovrapposero al lavoro ritmico. Inoltre chiamò ai cori Manuela Gilardi, Dora Carofiglio, la brunetta del gruppo dei Novecento, e Giorgio Vanni, futuro interprete di popolari sigle televisive. Flavio Premoli eseguì la fisarmonica di Se non ci fossero zanzare con un pianismo impeccabile e rafforzò i cori, così come Colombo, mentre io cantai ovviamente tutti i brani. Il risultato fu un mix acustico/elettronico che doveva essere il sound di quel racconto musicale.

Terminata la produzione, fui convocato in estate da Fabrizio Intra, il direttore artistico della CBS, che al di là dei complimenti, mi disse testualmente “Non puoi vendere questo album da solo, non hai il nome che permetta a questo album di andare in classifica. Ci vuole un’idea”. E visto che era stato pensato come un musical, trovammo una soluzione che di fatto fu “l’uovo di Colombo” in tutti i sensi: avrei fatto il narratore e la CBS avrebbe chiamato altri interpreti per i personaggi di quel racconto, pescando dagli artisti allora sotto contratto con la multinazionale. Con questa modalità, non l’aveva fatto mai nessuno prima d’allora e in effetti fu il primo album di duetti del pop-rock italiano.

A dirlo è facile, ma a farlo fu più complicato. In un’epoca senza internet e smartphone partì una serie di telefonate a raffica, che si concluse nel settembre di quell’anno. Anna Oxa partecipò grazie ale insistenze di Mario Lavezzi, che era il suo produttore, Intra convinse prima Bernardo Lanzetti, già voce leader della PFM negli anni d’oro e poi Francesco Di Giacomo del Banco, mentre Colombo parlò con Alberto Camerini, che devo sempre ringraziare perché fu il primo che accettò. E poichè allora Camerini era una star da classifica, gli altri si convinsero a ruota. Le nuove registrazioni terminarono a ottobre dell’82. Io conservai l’interpretazione di quattro brani e gli altri sei furono affidati agli artisti ospiti: Camerini cantò Guardie da Rock, Lanzetti impersonò il perfido mago del flipper in Flipperfix, Oxa fu la Voce del Computer in Gino, le parole, Di Giacomo la Voce della Radio nei Tamburi della notte, Premoli interpretò il “paninaro” in Mister Drugstore e Colombo il “ladro” ne Il pedinatore.

Tutto quel racconto era in realtà una gigantesca farsa, dove ogni personaggio aveva un doppio ruolo; lo stesso gioco di Guardie e Ladri era un’invenzione dei sopravvissuti per passare il tempo, in attesa che sarebbe prima o poi finita la tragedia atomica. Questo doveva essere il vero finale dell’opera, che nelle mie intenzioni si sarebbe svelato nella trasposizione scenica: prima un fumetto e poi uno spettacolo. La realtà fu diversa. La CBS doveva pensare prima di tutto a vendere l’album e non potendo affrontare sui due piedi la produzione di uno spettacolo ex-novo, per promuoverlo mi venne l’idea di produrre una lunga multivisione: uno show videomusicale dove avrei eseguito i dieci brani doppiando dal vivo, su base musicale, le voci degli altri interpreti, i cui impegni non avrebbero certo permesso un tour collettivo.

La colonna video fu realizzata da Fulvio Rinaldo e Nuccio Basanisi, che avevano firmato anche l’artwork della copertina del vinile in stile Frigidaire, il magazine all’avanguardia di quegli anni nel design fumettistico. Le canzoni le ho poi legate con una serie di dialoghi in stile news, affidandoli a due speaker radiofonici – Lisa Mazzotti e Guido Robustelli – e in questo modo mi sono avvicinato per quanto possibile all’idea di spettacolo totale che avrei voluto sperimentare. Il singolo Balla bella, insieme a Gino, le parole cantato da Anna Oxa, sono stati i due brani che hanno più contribuito a far conoscere nelle radio l’album. In seguito, nel corso dell’83 avrei partecipato a diverse serate dal vivo al fianco della stessa Oxa e del gruppo del Banco, riproponendo alcuni brani del mio repertorio, ma l’esperienza forse più emozionante fu quando partecipai, il 30 marzo 1984, a un grande raduno pacifista nel Palasport di Milano, accanto al francese Alan Stivell e ad altri artisti italiani, dove ho potuto presentare in versione integrale il mio show multimediale, di fronte a migliaia di persone. E per me, che arrivavo dal cantautorato più intellettuale ed elitario, fu come esibirmi nello stadio di San Siro. E di questo conservo tuttora un ricordo felice.

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