Caterina Caselli
PRIMAVERA
LP CGD; 1974

di Andrea Direnzo

Nel 1974 gli anni beat di “Casco d’oro” sono ormai un lontano ricordo. Caterina Caselli è una donna sofisticata, capello lungo e scuro, un po’ una Carly Simon italiana. Anche il repertorio è cambiato: più maturo, impregnato di melodia, caratterizzato da arrangiamenti ricercati e reboanti. La sua voce però resta unica, riconoscibile; non c’è da stupirsi se da sempre è stata molto apprezzata da un cantautore come Paolo Conte che, nel 2006, le disse: «Caterina, che voce! Tu devi cantare…». Insomma, dopo l’album omonimo del ‘72 contenente in prevalenza cover di brani stranieri adattati in italiano, a maggio ‘74 la CGD pubblica il nuovo singolo della cantante di Sassuolo: Momenti sì, momenti no, composto da Adelio Cogliati e Claudio Daiano per il testo e da Guido Maria Ferilli per la musica. Sul retro del 45 giri una scritta annuncia l’imminente uscita del 33 giri PRIMAVERA.

A giugno esce infatti l’LP che in sostanza è una sorta di concept improntato sul sentimento dell’amore, prodotto da Giancarlo Lucariello e pomposamente arrangiato da Danilo Vaona che fa largo (ab)uso di pianoforte, orchestra e cori affidati all’Accademia Paolina. Oltre a Cogliati, Daiano e Ferilli, tra gli autori figurano Luigi Albertelli, Massimo Guantini (Desiderare), Roberto Soffici (Una grande emozione), Gian Pietro Felisatti (Il magazzino dei ricordi) e Roberto Giuliani (Noi lontani, noi vicini). Un lavoro particolare e anomalo nella produzione della Caselli, non esaltante dal punto di vista commerciale, di cui la maggior parte delle canzoni si ritrovano nel disco del ‘75, UNA GRANDE EMOZIONE, che segna il suo ritiro dalle scene (non considerando la fugace rentrée sanremese del 1990 con Bisognerebbe non pensare che a te).

La copertina raffigura un’opera dell’artista parlemitano Filippo Panseca indicata nei crediti in questo modo: «Progetto per la sostituzione del simbolo – Primavera – con una sfera biodegradabile (1974) da La primavera di Sandro Botticelli (1478)». La sostituzione al capolavoro botticelliano è in effetti segnalata nell’immagine interna del folder apribile. Panseca ha alle spalle sessant’anni di ricerca artistica in cui ha perseguito con tenacia un concetto ben preciso: fare arte pulita a beneficio dell’ambiente. Nel 1970 ha dato inizio all’Arte Biodegradabile, innovativo movimento artistico che, in modo provocatorio, ha portato alla creazione di opere profumate e non inquinanti, utilizzando essenze vegetali a rapidissima alterazione, realizzate con plastica fotodegradabile. L’idea che lo ha accompagnato nella sua interessante ricerca è che «non tutti, ma alcuni monumenti, inquinano esteticamente l’ambiente urbano e allora perché non sostituirli con opere biodegradabili che, dopo essere sparite senza inquinare, lascino l’ambiente libero per altri interventi artistici?». Tantissime le mostre personali di Panseca ospitate nelle principali città del mondo: Roma, Milano, Venezia, Parigi, New York, Barcellona. Considerato uno dei padri della Computer Art, nel 1991 ha fondato in Italia la prima cattedra di Digital Art presso l’Accademia di Belle Arti di Brera.

Filippo Panseca

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