Irene Fargo
FARGO

CD Tring, 1997

di Andrea Direnzo

Il nome di Irene Fargo, purtroppo, è tornato alla ribalta poche settimane fa, quando il 1° luglio è stata annunciata la sua scomparsa. Come da andazzo mediatico, sono spuntati sul web articoli che ne hanno celebrato e riconosciuto (tardivamente) il talento, alcuni sottolineandone la sfortuna sia come donna, sia come artista. Ormai questo modus operandi è una (cattiva) consuetudine. C’è chi, invece, negli anni non ha mai dimenticato il valore di cui era dotata in sovrabbondanza, soprattutto tanti fan ed estimatori che in maniera sincera le hanno tributato parole piene di affetto e stima. Nella sua storia discografica, iniziata nel 1989 con l’uscita del primo 45 giri Dialoghi (Lato B Meccanismi) per la Carosello, Irene ha inciso una dozzina di album, alcuni davvero bellissimi, cantati magnificamente, realizzati alla perfezione, in cui sono racchiuse canzoni che andrebbero riscoperte e apprezzate. Tralasciando i più conosciuti, l’omonimo del ‘91 e LA VOCE MAGICA DELLA LUNA del ‘92, per intenderci i due che includono rispettivamente La donna di Ibsen e Come una Turandot, ce n’è uno che può considerarsi a tutti gli effetti un documento prezioso in quanto è l’unico a custodire cinque registrazioni dal vivo effettuate il 5 ottobre ‘96 al Teatro Fellini di Curti, in provincia di Caserta.

L’album in questione è FARGO, pubblicato nel ‘97, della cui produzione artistica e degli arrangiamenti se n’è occupato l’eccellente Adriano Pennino che all’epoca vantava già collaborazioni con Gino Paoli e Pino Daniele. Dieci tracce in totale, le prime cinque inedite e realizzate in studio, le altre edite e registrate durante un concerto. L’ascolto parte da Tu mio io, canzone scritta dallo stesso Pennino insieme al bravo Daniele Fossati che si ritrova come unico autore nella poetica Ah l’amore. Spicca la melodiosa Si nun tuorne, firmata da Gianfranco Caliendo (fondatore e componente storico del gruppo Il Giardino dei Semplici), in cui Irene sfoggia nel ritornello il suo impeccabile napoletano, apprezzabile maggiormente nel disco ‘O CORE ‘E NAPULE del ‘95 che le fece ottenere le lodi entusiastiche di Roberto Murolo e Aurelio Fierro.

Senza nulla togliere alla parte degli inediti, a catturare il cuore è la sezione dal vivo. La voce di Irene è uno spettacolo, un prodigio a ogni nota e respiro, intonatissima, capace di accarezzare con dolcezza e finezza ma di essere anche potente e incisiva. La partenza è affidata a Ma quando sarà di Roby Facchinetti e Valerio Negrini, dall’album LABIRINTI DEL CUORE del ‘93, energica e suadente nell’andamento e nella dinamica. Applausi scroscianti per La donna di Ibsen, firmata da Enzo Miceli e Gaetano Lorefice, brano con cui si manifestò in bellezza al Festival di Sanremo ‘91 arrivando seconda tra le Novità. Piacevolissimi i due momenti più animati nel ritmo, vale a dire la frizzante Le ragazze al mare e l’ironica Ugo, che mettono in luce il lato leggero giammai banale di Flavia (questo il vero nome della Fargo), la sua garbata capacità di intrattenere il pubblico, di divertirsi e far divertire. In chiusura l’ariosa Come una Turandot che, grazie alla perfetta simbiosi di musica e parole, ha il potere di trasportare in un’altra dimensione e fermare il tempo. Un piccolo film che scorre nella mente, un grande sogno che comincia annullando la realtà. Un canto appassionato, quello di Irene, da ascoltare in silenzio; ogni volta si resta senza fiato. Un’emozione incastonata nell’infinità.

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