Dimartino
AFRODITE
CD 42Records, 2019
di Giulia Pratelli

Il quarto disco di Dimartino prende il nome della dea dell’amore, della bellezza, della generazione. Questa Afrodite, a cui era dedicato il tempio che sorgeva sul monte Erice, in Sicilia, segna un nuovo punto di partenza, aggiunge un tassello importante al percorso del cantautore siciliano.
Quattro anni dopo il precedente UN PAESE CI VUOLE, per la prima volta Dimartino si allontana dalle atmosfere del folk, vestendo le canzoni di suoni elettronici e più vicini al pop.
A partire dal nome della dea greca che “mi ricorda qualcosa di antico, ma allo stesso tempo di psichedelico” (come ha dichiarato il cantautore in un’intervista a Rockit), in questo album si mescolano e si conciliano riferimenti molto diversi. Con lo sguardo sempre fisso sui grandi maestri della musica d’autore degli anni 70, come Battiato, Dalla e Battisti, ci si avvicina a nuovi elementi, che rimandano a mondi molto diversi: i Phoenix, gli MGMT o ancora Tame Impala. Sono infatti chitarre elettriche ricche di effetti, sintetizzatori e ritmi coinvolgenti ad accompagnare il racconto, che fotografa il presente in piccole istantanee di quotidianità, riportata con la forza autentica delle cose più semplici.
Sulla scia nostalgica del finire della stagione estiva, scorrono storie di vita normale che hanno come protagonisti Due personaggi “in cerca d’amore”: in equilibrio tra difficoltà di ogni giorno e attimi di bellezza inattesa, chiamati a compiere le stesse scelte che riguardano ognuno di noi e, come tutti, capaci anche di sbagliare.
Questo disco assomiglia a un viaggio che inizia con la speranza e la promessa di Giorni Buoni e passa attraverso “il dramma di una vita normale / la casa, i soldi, le cose da cambiare, le tende da lavare” per atterrare su un Cuore (che nonostante tutto intorno sia in mille pezzi) si mantiene Intero. Sullo sfondo c’è l’Italia di ogni giorno, con “la voce di Mentana nel silenzio di un condominio”, i panni stesi, la Panda… Dimartino sembra tuffarsi a piene mani tra le ombre del presente, soffermandosi sulla nostra parte più scura, per uscirne poi con una speranza. La scintilla che illumina tutto il resto è l’esplosione di gioia portata dalla nascita di una figlia, condensata in Feste Comandate e in quell’amore che “sono sincero / io non l’avevo previsto”.
Il cerchio si chiude poi con Daniela balla la samba, un omaggio alla sensualità femminile, che attraversa il dolore per rifiorire costantemente in “un ballo che non può finire, un ritmo lento”.
