Carmen Consoli
VOLEVO FARE LA ROCKSTAR

CD/LP Polydor, 2021

di Viviana Berardi

Sono trascorsi sei anni dall’ultimo disco in studio di Carmen Consoli che ritorna con VOLEVO FARE LA ROCKSTAR e celebra i suoi venticinque anni di carriera dopo un lungo silenzio che ha avuto principalmente la forma dell’ascolto interiore. Dieci tracce riempiono un immaginario album di famiglia e la copertina ne suggerisce bene il contenuto narrativo. Carmen ripercorre le sue stagioni tratteggiandoci il filo dei ricordi che vanno dai sogni dell’infanzia fino ai desideri di oggi. Un racconto di quotidianità con la Sicilia sempre sullo sfondo, dagli scorci di domesticità ai fatti cruenti di cronaca. Certamente troviamo le emozioni di una madre che fa evolvere il suo sguardo insieme a suo figlio. Anche il linguaggio prende in prestito, a tratti, sfumature dell’immaginario di un bambino;  come facilmente possiamo ascoltare in Le cose di sempre e Aquilone. La Consoli ci rivela l’altra faccia della rockstar mentre sorge metaforicamente un’alba nuova da guardare insieme a noi. Avvertiamo come inscindibile il legame con la Natura, le sue bellezze e le sue leggi e in Armonie numeriche, oltre che un’intensa fusione col circostante, cogliamo la scoperta appassionata di Carmen per i sistemi numerici, scaturita dalla nuova avventura universitaria che la sta impegnando negli studi di architettura. La cantautrice non si è mai fermata e col suo rock dolce e vario torna ad incantarci scegliendo per ogni brano paesaggi sonori ad hoc. Questo disco è un jukebox che fa risuonare un bolero anni Trenta o un’orchestra in stile anni Cinquanta, ritmi caraibici e le chitarre dell’insostituibile Massimo Roccaforte che specialmente in Mago Magone distorce e sperimenta. Grinta e malinconia sono i due paradigmi che si sono sempre avvicendati nella poetica di Carmen, e che in qualche maniera incorniciano la vastità dell’universo femminile, così come un corno francese riesce a dialogare con una 12 corde nella bucolica Una domenica al mare.  Un lavoro di lucida consapevolezza in cui costellazioni di pensieri privati hanno la forza per farci sentire partecipi e non soltanto spettatori passivi. 

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