Cremonini
POSSIBILI SCENARI PER PIANOFORTE E VOCE

CD/LP Trecuori, 2018

di Giulia Pratelli

Dopo appena un anno dall’uscita di POSSIBILI SCENARI, Cesare Cremonini pubblica POSSIBILI SCENARI PER PIANOFORTE E VOCE, dando una seconda vita al disco e realizzando un’operazione insolita e preziosa. Non si tratta infatti del solito repack, che ripresenta il lavoro pressoché uguale a se stesso, ma di un lavoro totalmente diverso: un’immersione in profondità, fino alla vera essenza delle canzoni, riproposte e completamente reinterpretate in versione acustica.
Una scelta particolare e coraggiosa, dunque, che richiede un ascolto attento e rimette al centro la musica con la M maiuscola, in un momento storico e musicale in cui tutto è veloce, immediato, a dimensione social e a portata di click.
Grazie a un vestito intimo e diverso (o meglio, a un’inedita nudità) questo album regala nuove versioni di canzoni già conosciute e permette di apprezzare maggiormente e senza “distrazioni” la scrittura sempre in crescita di Cremonini.
C’è una versione swing di Kashmir-Kashmir, che getta una luce diversa sul brano e ne rende l’ascolto ancor più divertente, nonostante il tema profondo e purtroppo attuale della discriminazione nei confronti della diversità sociale e religiosa. Anche Possibili Scenari, Un uomo nuovo o La Isla rivelano in questo disco un’anima nuova, più profonda e lontana dall’arrangiamento pop e ballabile originale. Di ancora più forte impatto diventano poi Poetica, Nessuno Vuole Essere Robin e La Macchina del Tempo, che restano perfettamente in piedi nonostante l’assenza dell’edificio orchestrale e si arricchiscono di una nuova forza emotiva.

 

Da questo lavoro emerge, tra le altre cose, l’enorme capacità interpretativa di questo artista, che ha fatto davvero tanta strada dai tempi di Qualcosa di Grande e 50 Special. Se è vero che già dai tempi dei Lunapop Cremonini si era mostrato in grado di scrivere brani destinati a restare sulla vette delle classifiche radiofoniche e di vendita per anni e anni, questa sua altra veste è una bella sorpresa: mette in luce qualcosa che si poteva intravedere nei lavori precedenti ma che qui sboccia, consacrando il raggiungimento di una importante maturità artistica.
Il disco, che alterna dinamiche e atmosfere diverse senza annoiare mai l’ascoltatore, assomiglia a un salto indietro nel tempo: a chiudere gli occhi fa pensare ad un jazz club degli anni ’50, a un film in bianco e nero, a una notte a lume di candela. Non so dire se è vero che “per volare basti un grande salto”, probabilmente no, ma il grande salto compiuto con questo album porta sicuramente lontano e… decisamente in alto.

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