Mannarino
V

CD/LP Polydor / Taiga, 2021

di Michele Neri

Magari un giorno chiederò un risarcimento ad Alessandro Mannarino. Sì perché ogni volta che ascolto questo disco, e succede spesso, alzo il volume a livelli un po’ esagerati e gira gira il condominio si farà sentire. Ma che ci posso fare? I suoni sono fantastici e le canzoni bellissime. Una produzione così pretende un volume alto, lo esige. Le ritmiche di Africa e Congo, Joey Waronker alla batteria e Mauro Refosco alle percussioni, fanno vibrare la pelle supportate da un’elettronica discreta ma che rifiuta di stare in sottofondo e si fa sentire. Poi è subito Cantarè con la sezione fiati e la bella voce di Simona Sciacca a inserirsi in un tessuto che si pone in continuità con l’accoppiata iniziale. Se il tormentone Cantarè, che ha anticipato il disco, è forse il brano che più rimanda, armonicamente, al Mannarino di APRITI CIELO (altro album straordinario), Fiume nero ci parla del nuovo corso con la chitarra di Alessandro Chimienti. La beatbox di Gioia Persichetti, il flauto di Simone Alessandrini e i sintetizzatori – qui discreti – di Jacopo Sinigaglia e Seby Burgio, quasi onnipresenti nel disco con lo stesso Mannarino, a dettare le sonorità dietro le solite percussioni ipnotiche. Con Agua arriva Lavinia Mancusi, altra voce pazzesca già protagonista di belle incursioni nelle canzoni di Mannarino. Tra le cose più belle di un album comunque senza punti deboli, Agua si muove tra atmosfere acustiche e ritmi coloratissimi di tinte pastello. Dopo il delizioso intermezzo di Amazònica, arriva Banca de New York, pezzo effettivamente slegato dal resto dell’album almeno apparentemente. Vagabunda si pregia della bella voce di Gioia Persichetti e ci riporta alle sonorità amazzoniche di cui questo disco è pieno. La rotolante Ballabylonia rialza il ritmo e prepara a quello che per me è il capolavoro del disco, Bandida, magnifico pezzo che propone una commistione perfetta tra elettronica (programmazione e sintetizzatori) e strumenti acustici (percussioni e contrabbasso). Un brano avvolgente con le voci di Mannarino e di Mancusi che si inseguono, pungolati dal coro “stradale”. Un’orgia sonora davvero raffinata e sgangherata allo stesso tempo. Torna un’atmosfera riflessiva con Lei, recitata con voce grave da Mannarino su un tappeto molto ricco a dispetto di un’apparente sobrietà. Gli archi diretti da Gabriele Calanca e arrangiati da Tony Brando, il potente coro femminile, sono elementi che contribuiscono alla creazione di un orizzonte sonoro che sa di tramonto dai colori sempre più tenui. In chiusura due brani, Luna e Paura, realizzati con la collaborazione di Tony Canto, musicista e produttore che di suoni brasiliani se ne intende parecchio. Nel primo troviamo Mannarino insolitamente alla chitarra elettrica mentre in Paura, il cantautore è impegnato all’acustica.

Con questo album Alessandro Mannarino si conferma un fuoriclasse, uno dei più internazionali dei nostri cantautori, sempre più bravo a cucire musiche e parole a rendere così omogenei ritmi e soluzioni sonore molto diverse tra loro, che registra in posti lontani migliaia di chilometri tra loro, che riesce a dare un aspetto artigianale a produzioni di altissimo livello tecnologico. Che riesce a restituire il gusto di alzare il volume per cogliere ogni sfumatura delle sue registrazioni. Alla faccia dei condomini.

 

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