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Paolo Benvegnù
DELL’ODIO DELL’INNOCENZA
CD/LP Black Candy Produzioni, 2020
di Giulia Pratelli

“Hai già imparato a correre per non morire / a trovare la luce nelle parole / a bere piano nell’indifferenza generale / a guardare i tramonti a immaginare che tutto quello che vedi non esiste / e che ricordi per dimenticare che la tua vita è innocente” si apre così DELL’ODIO DELL’INNOCENZA, settimo album da solista di Paolo Benvegnù. Varrebbe la pena riportare tutto il testo ma mi fermo qui, per sottolinearne il forte impatto di questo inizio: La nostra vita innocente è una dichiarazione di intenti che spalanca le porte di un percorso preciso all’interno del quale si alternano momenti di tenebra assoluta e squarci di luce abbagliante.
Il lavoro è anticipato dal singolo Pietre, una canzone quadrata, precisa e aspra, che lascia comunque una scia di speranza… o una bellissima minaccia: “i fiori si riprenderanno grattacieli ed autostrade / i fiori si riprenderanno tutto”.

Questo disco cerca risposte nell’invisibile, aldilà di tutto ciò che è già stato decodificato, classificato, aldilà del mondo esterno, con le sue illusioni e le sue finzioni. A ricorrere nei brani è un senso di vuoto, che investe forme e contenuti, che spaventa ma si dimostra capace di diventare nuovo spazio, occasione di rinascita e di rinnovamento. Quel che risuona forte è la fiducia nella bellezza, ché possa ancora aiutarci a sopravvivere all’abbrutimento, al cemento, alla voglia spasmodica di qualcosa che possa placare la nostra insoddisfazione. Ad essere salvifico è il silenzio, momento di verità, antidoto contro la confusione, il caos e la paura.
Negli arrangiamenti si susseguono chitarre elettriche e arpeggi acustici, momenti di eco radioheaddiana e atmosfere morbide e sognanti. Il suono è comunque sempre sposato al racconto, lasciando in primo piano le parole e la voce, avvolgente e giunta a una nuova maturità.
Ritorna più volte il tema dell’infinito, a dare il titolo a tracce numerate ma proposte in ordine sparso, confondendo i punti di riferimento fino ad arrivare all’ultima traccia, che regala un momento davvero prezioso. Infinitoalessandrofiori prende vita in una stazione dove, mentre la voce automatica dà indicazioni ai passeggeri, Benvegnù incanta con un chitarra e voce delicato ma potente. Torna, a chiusura dell’intero lavoro, la tensione verso qualcosa di più alto, che si meriti un “per sempre”, al di là del contingente e del suo caos. Torna il bisogno di silenzio e dell’intimità più profonda, di chi è pronto a condividere tutto, persino lo stesso inferno.